Caro Babbo Natale – la lettera di Pupazzo di Neve

Caro Babbo Natale – la lettera di Pupazzo di Neve

Esco di casa e passeggio per la mia città. E se si passeggia senza aver paura di pestare una cacca si alza involontariamente lo sguardo verso quello che ci circonda. E si vede così “cos’è” la città. Cioè, a conti fatti, si vede noi stessi.

Ci appare chiaro quello che siamo e quello che vogliamo. Ci rispecchiamo nell’urbanizzazione crescente e ci lasciamo abbagliare dal sole là dove prima c’erano filari di alti tigli che ci regalavano ombra. C’è ancora qualcuno, mi chiedo, che in una grigia cittadina qualunque – non nella foresta madre –  si incatenerebbe ad un albero di 60 anni, sano, per salvarlo dalla motosega?

Ci sediamo in panchine sgangherate osservando poco distante manciate di macchine buttate dappertutto come giochi di un bambino viziato. Inciampiamo in parchi pubblici semi nascosti, alcuni chiusi, alti talmente abbandonati a sé stessi che i vialetti di certe villette in confronto sembrano il giardino di Boboli a Firenze.

Ed è nelle ore di punta del centro città che l’alito dei tubi di scappamento, dei camini e di quant’altro – Dio solo sa cosa – ci investe come un’ondata. E quando succede, rido di quelle persone che di fronte ad un porcile storcono il naso per l’odore. Che scemi, penso, i maiali a modo loro son più puliti dei nostri panni stesi alle finestre. Gli stessi dove le guance dei nostri figli riposano la notte.

Perchè tutto il nostro essere ecologisti è una burla, una menzogna, che tramandiamo di generazione in generazione. Mentre noi scìamo su montagne senza più ghiacciai, mentre superiamo in autostrada sulla nostra auto-killer, mentre mangiamo cose in cui abbiamo nascosto micidiali ingredienti, il mondo, la terra, questa palla di Natale appesa nel vuoto, sta facendo lei tutto il lavoro. Fa quello che sa fare da millenni: ruota. Lenta e costante, tentando ogni giorno di macinare i veleni della nostra idiozia. Tutto questo, per salvarci.

Per salvare un essere che si preoccupa delle cacche sul marciapiede. Un essere che preso com’è da cose importantissime e vitali, non ha nemmeno il tempo per capire che ogni giorno, ogni ora che passa è una seconda possibilità concessa.

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2 Commenti...

  1. Xary

    è una battaglia persa, Quiff.
    Per quanto ci sforziamo in un senso o nell’altro, non ci è dato di vincere ma oramai si punta sempre a questo. Per arroganza o per senso di colpa o per mille altri motivi ci battiamo per il Mondo.
    Forse solo per arroganza…
    Il fatto è che si tratta di una mera lotta intestina, la Terra non vuole salvarci e a dispetto di certi titoli giornalistici, non ha nulla di personale contro di noi.
    Fra mille anni, o fra diecimila la Terra girerà ancora intorno al sole e un certo numero di forme di vita la abiterà. Nuove forme di vita in grado di sopravvivere ai cambiamenti avvenuti continueranno a esistere e a cambiare.
    Perchè è questo che temiamo in fondo. Temiamo il cambiamento che stiamo causando e temiamo il cambiamento a cui dovremo sottoporci per fermare il cambiamento che stiamo causando al punto di forzare eventi cosmici più grandi (il tempo atmosferico) e più piccoli (genetica) di noi, e forse cosa più oscena, chiudiamo gli occhi davanti a tutte le scelte sperando di procrastinare, non interessandoci a ciò che succede.
    Ammetto di non essere una di quelle persone che si stupisce per un albero di sessantanni essendo cresciuto vicino ad un bosco, e che se storco il naso per dei maiali sporchi non è per la loro sporcizia ma per il modo poco “maialesco” in cui sono costretti a vivere. Sarebbe come deridere uno schiavo per il fatto che non è libero.
    Ma non temere, se non riusciremo a salvarlo (o forse dovrei dire a salvarci, perchè questo è il vero scopo dell’ecologia, in fondo) farà da solo, e mentre noi rimarremo incastrati in questo istante che stiamo rubando da migliaia di anni cercando di mantenerlo immutato, tutto il resto procede già adesso.
    Guarda l’influenza e l’ebola se vuoi vedere ad occhio nudo il cambiamento.
    Guarda il sole e il terreno sotto i tuoi piedi, che si muovono con o senza di noi.
    Guarda gli alberi che muoiono e le piante che sopravvivono, che stanno respirando i nostri veleni per addattarsi ad essi.
    La Terra sta cambiando e se questo salverà noi, sarà un effetto secondario. Fino a quel momento, allora, è meglio che ci diamo da fare per cambiare, godere di quella seconda possibilità e magari tornare ad essere umili, ammettendo che nessuno ci ha dato le chiavi della Legge Naturale, o diritti su tutte le cose del cielo del mare e della terra, che non siamo gli eredi della Terra, i suoi salvatori o distruttori. A quel punto potremo lavorare con maggior serenità sul fatto di adattarci maggiormente con il mondo ed adattarlo a noi con nuovi ritmi e tempi, imparare a cambiare.

    A volte mi chiedo se i primi batteri in grado di operare la fotosintesi capirono il cambiamento che stavano apportando all’esistenza dell’intero pianeta e se ne erano spaventati…

  2. valeria

    io forse mi dovrei astenere dal fare commenti su quello che secondo me è l’uomo per la terra, perché non piace a nessuno quando lo dico, ma sono anche io un essere umano, mi metto dentro nel mucchio e dico che noi per la terra, per Gaia, siamo un cancro arrogante e distruttore, lei però sopravviverà a differenza di noi…
    bella strip… come sempre

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